UNIVERSITA’ DI PISA

FACOLTA’ DI MEDICINA VETERINARIA

CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN
“TECNICHE DI ALLEVAMENTO DEL CANE DI RAZZA ED EDUCAZIONE CINOFILA”
1° anno

CORSO INTEGRATIVO DI MARZO 2006
“ORIGINE E STORIA DELLE RAZZE CANINE”

LEZIONE DEL 10 MARZO 2006 DALLE ORE 14 ALLE 16,30
“ORIGINE E STORIA DELLE RAZZE MOLOSSOIDI”

Appunti di base*

1) Introduzione sulle origini: L’origine del molosso è suddivisa tra la teoria “mitologica” e la teoria scientifica. Se, però, la teoria scientifica è riferita all’intera specie del cane domestico, la teoria mitologia è strettamente connessa proprio alla tipologia molossoide. Vige, infatti, la divulgazione storica che il progenitore delle razze molossoidi è l’antico Mastino del Tibet. Si narra, in proposito, che l’ancestrale mastino tibetano fosse caratterizzato da una mole imponente, addirittura senza paragone nelle razze molossoidi moderne per quanto concerne la taglia intesa come altezza e sviluppo scheletrico. Proprio per questo l’antico mastino tibetano assurge alla configurazione mitologica. L’aspetto mitologico del mastino tibetano, però, resta tale non tanto per la descrizione fattane da Marco Polo, piuttosto per la totale mancanza di testimonianze in merito. Se Marco Polo lo ha descritto “grande come un asino” non è per forza detto che avesse la dimensione dell’equino. Non è da escludere, infatti, che Marco Polo abbia usato un senso metaforico per rendere l’idea che si trattava di un cane fuori dal comune per quanto erano abituati a quei tempi dalle nostre parti. Se Marco Polo lo ha miticizzato come un cane gigantesco, tuttavia non c’è nient’altro che possa testimoniarne la realistica esistenza. La documentazione in merito, infatti, avvalora soltanto il contrario. Il fantomatico ancestrale mastino tibetano, pertanto, resta solo leggendario. Nemmeno chi ha affermato che è “documentata” la passata esistenza di un “grande” mastino tibetano ha saputo precisare quanto fosse grande. Neppure dei recenti tentativi di ricerca sono riusciti nell’intento di scoprirne i superstiti. Il documento più interessante in merito (disegno dal vero di cane da pastore del Tibet, tipo pesante del Butan) è paragonabile all’attuale Tibetan Mastiff. L’ipotesi dell’origine asiatica, comunque, indipendentemente dal fattore strutturale dell’antico mastino tibetano, secondo gli studiosi, resta la più accreditata. Conviene, però, senza togliere all’antico e gigantesco mastino tibetano il suo alone criptozoologico, rifarsi alla teoria scientifica, piuttosto che insistere troppo sulla teoria mitologica. Senza entrare nei meandri più sofisticati della paleontologia zoologica, però, appare già chiaro che i reperti fossili, per scarsa quantità e qualità, non possono fornire molto di più, se non indicare una linea di massima, così come è stata tracciata dalla maggioranza degli studiosi.    

2) La paleontologia traccia le ipotesi d’origine del cane a partire dai ritrovamenti di crani lupini a faccia corta (rispetto al lupo selvaggio), ma da quei reperti fossili fino al progenitore dei molossoidi è ancora presto. Nonostante che nei siti paleontologici ogni lupo a muso corto è stato definito come cane, permane l’incertezza tassonomica mediante il sistema nominale che ha mantenuto la doppia denominazione di “Canis lupus familiaris” relativamente ai reperti fossili più arcaici, dove la suddivisione non è stata possibilmente specifica.

3) L’incertezza rimane dal fatto che, mentre i reperti fossili riconducibili al lupo e al cane sono in numero tale da definirli appartenenti all’una od all’altra specie, oppure all’incertezza tassonomica detta prima, vi sono pochissimi reperti fossili inerenti alla forma intermedia tra le due specie, cioè del “protocane”, a conferma di un lasso di tempo piuttosto breve nel passaggio dal lupo al cane, per cui v’è l’ipotesi dell’anello mancante nella catena filogenetica in oggetto. Non per nulla la storia dei fossili è stata definita gravemente incompleta e lacunosa proprio a causa dei salti filogenetici nei processi evolutivi.
                                               
4) La teoria scientifica, ovviamente, resta di guida, poiché una volta definita la specie del “Canis familiaris” sono state attribuite le “sottospecie” (definirle, addirittura, razze sarebbe stato troppo azzardato), tra le quali il “Canis familiaris inostranzewi” pare sia il primo molossoide, nel senso modernamente inteso. Non bisogna dimenticare, però, che tale cane fossile, unitamente alle altre “sottospecie” di cani fossili parimenti classificati in proposito, molto studiate dai naturalisti dell’800 e del primo 900, tuttora citati nella letteratura contemporanea, ormai sono considerati statisticamente e morfologicamente irrilevanti.

5) Sull’origine del cane quando è stato meglio identificato come molosso, a parte un’ipotesi d’origine europea non suffragata da testimonianze storiche in grado di datarla molto prima, l’ipotesi dell’origine asiatica, comunque, al di là dell’incertezza dei reperti fossili, trova supporto nelle più antiche raffigurazioni archeologiche ritrovate in proposito.

6) L’origine asiatica facente capo al mastino tibetano, indipendentemente dal fattore della taglia, sulla quale si può soprassedere, propende sulla derivazione dal “Canis lupus lupus”. Appare più logico che i primi molossi avessero il pelo lungo, come il mastino tibetano, proprio perché la catena filogenetica discendente dal lupo non può aver trasmesso al cane subito il mantello a pelo corto (qui, poi, bisogna rifarsi pure alla neotenia caratteriale).

7) La teoria scientifica più accreditata, poi, traccia il processo evolutivo dal molosso tibetano a pelo lungo che è diventato il molosso mesopotamico-indiano a pelo corto. Qualche studioso, in proposito, ha confutato che se è valida tale teoria, allora potrebbe essere valido anche il contrario. L’aspetto scientifico filogenetico, tuttavia, come già detto, accredita meglio il percorso dal pelo lungo al pelo corto e non viceversa, come la neotenia morfologica riesce a spiegare.

8) Senza dilungarsi nelle altre ipotesi esistenti a confutare quella tibetana, compresa l’ipotetica origine autoctona europea, per le quali consiglio l’approfondimento nella più completa ricerca pubblicata in proposito, ossia il libro di Felice Cesarino (diamo a Cesarino quel che è di Cesarino), preme far notare che il ritratto più emblematico e diffuso della progenitura dei molossi è rappresentato dalla raffigurazione del bassorilievo in terracotta rinvenuto a Birs Nimrud, nei pressi di Babilonia, conservato al British Museum di Londra. Si tratta di un reperto preso a riferimento per tutte le razze di molossi pesanti attuali. Ricordo in merito che Antonio Morsiani lo ha descritto come il primo ritratto del San Bernardo ed altri autori come il progenitore di ciascuna razza trattata da ognuno (mostrare la riproduzione artistica in oggetto).

9) L’ultima novità in materia di reperti archeologici inerenti ai molossi, che non è mai stata pubblicata nei libri, è la statuetta in terracotta conservata al Metropolitan Museum di New York. In questo caso siamo straordinariamente di fronte ad una somiglianza pressoché perfetta con il Mastino Napoletano. Pare indubbio che tale scultura mesopotamica in terracotta, datata al secondo millennio avanti Cristo (alla pari del bassorilievo di Nimrud), rappresenti i primi veri grandi molossi pesanti a pelo corto europei, cioè il pugnax britannico e il molosso romano, dal quale, appunto, discende il Mastino Napoletano (mostrare le foto in oggetto).

10) Le testimonianze fin qui viste, dunque, esaltano l’antenato dei molossi attuali nella versione a pelo corto. Ciò evidenzia che il molosso pesante a pelo corto è stato raffigurato, per cui la sua passata esistenza è documentata, mentre il gigantesco mastino tibetano è privo di qualsiasi testimonianza archeologica.

11) L’unica testimonianza in merito arriva dagli attuali cani da montagna, tutte razze naturali, alcune delle quali dalle dimensioni strutturali ipotizzabili simili alla mole del gigantesco mastino tibetano.

12) L’ipotesi che l’antico molosso a pelo corto derivi da quello a pelo lungo è ulteriormente suffragata dall’aspetto scientifico sul quale puntano parecchio gli studiosi contemporanei.

13) L’aspetto scientifico in questione è quello dell’eterocronia, che dà luogo a due fenomeni biologici di ontogenesi delle razze: la pedomorfosi e la neotenia.

14) La neotenia, ovviamente, è la persistenza di caratteri giovanili fin nello stadio adulto. Nella scala neotenica i molossi sono al primo livello, cioè rappresentano le razze al vero e proprio stadio neonatale rispetto al lupo selvaggio. L’aspetto neotenico morfologico, riallacciandoci al fattore del pelo corto comparso dopo il pelo lungo, per l’appunto, vedendo il lupo selvaggio neonato ancora a pelo corto, evidenzia che nella scala neotenica i molossi a pelo corto rappresentano il primo livello, vale a dire l’ultimo gradino a partire dalle razze canine più somiglianti al lupo. Significa che i molossi a pelo lungo appartengono al livello neotenico successivo, quando il lupo comincia a crescere e ad arricchirsi di pelo, per cui al penultimo gradino a partire dalle razze più simili al lupo.

15) L’aspetto neotenico caratteriale evidenzia ulteriormente il processo evolutivo dei molossi dal pelo lungo al pelo corto. L’esempio della dipendenza dall’uomo avvalora il suddetto processo, poiché più giovane è il lupo e meno indipendente è. Ecco che i molossi a pelo corto appartenenti al primo stadio neotenico rispondono a tali requisiti, per di più considerando che i molossi a pelo lungo adibiti alla custodia del gregge sono pressoché indipendenti dall’uomo, essendo autonomi nella loro vita sulle montagne esclusivamente a contatto con il gregge. 

16) L’aspetto scientifico della neotenia, dunque, convalida l’ipotesi dell’origine asiatica dei molossi, dato che, appunto, il mastino tibetano è a pelo lungo, indipendentemente dal fattore mitologico del gigantismo.

17) Il fenomeno biologico della neotenia è sostenuto pure dall’altro fenomeno biologico della pedomorfosi (cioè l’arresto dello sviluppo ad uno stadio giovanile). L’aspetto morfologico generale, nel considerare le caratteristiche infantili, fa si che i cosiddetti cani da montagna (a pelo lungo) siano meno pedomorfi rispetto a quasi tutti gli altri molossi (a pelo corto) di qualsiasi taglia e somatologia. La classificazione pedomorfica, infatti, suddivisa in quattro livelli (oltre ai cani primitivi, cioè le razze più simili al lupo selvaggio, vi sono tre gradi di razze pedomorfe), vede i molossi da montagna a pelo lungo quali pedomorfi di secondo grado ed i molossi a pelo corto quali pedomorfi di terzo ed ultimo grado. 

18) Considerando pure l’aspetto caratteriale, i molossi a pelo corto appartengono alla schiera di cani territoriali, per cui sono i più neotenici, stante il paragone dell’attinenza dei cuccioli di lupo selvaggio a starsene molto vicino alla tana.

19) Un aspetto scientifico dell’ontogenesi delle razze canine relativo al ritardo neotenico dei molossoidi è la fetalizzazione della testa. Su tale processo evolutivo della testa v’è il fenomeno del fenotipo integrato nell’adulto pedomorfico, cioè l’integrazione di caratteristiche morfologiche adulte entro un cranio da neonato, ad esempio, come il set di denti da adulto in una testa molto corta e piuttosto arrotondata.

20) Le migrazioni e il conseguente isolamento geografico hanno stabilizzato le varie razze molossoidi in Europa, poiché il processo neotenico non ci sarebbe stato senza la consanguineità.

21) Partendo dall’oriente (Asia ed est europeo) verso occidente (resto d’Europa e Americhe), quindi, vi sono tutte le razze molossoidi autoctone delle varie zone geografiche. La particolarità è che tutte sono strettamente connesse alle mansioni cui sono state adibite nel territorio d’origine, sia come custodi del gregge, sia come cani da guardia e da presa (tanto per uso sui bovini, quanto per uso venatorio).

22) Excursus storico-attitudinale sulle varie razze molossoidi (da oriente ad occidente): Tibetan Mastiff, Shar Pei, Carlino, Tosa, Pastore del Caucaso, Pastore dell’Asia Centrale, Pastore dell’Anatolia, Pastore di Ciarplanina, Pastore di Karst, Bovari Svizzeri (Bernese, Appenzell, Entlebuch e Grande Bovaro Svizzero), San Bernardo, Broholmer, Bulldog, Bullmastiff, Mastiff, Bull Terrier, Staffordshire Bull Terrier, Boxer, Alano Tedesco, Rottweiler, Hovawart, Leonberger, Mastino Napoletano, Cane Corso, Dogue de Bordeaux, Cane da Montagna dei Pirenei, Bouledogue Francese, Mastino Spagnolo, Mastino dei Pirenei, Perro Dogo Maiorchino, Perro Dogo Canario, Alano Spagnolo, Perro de Presa Spagnolo, Cane da Sierra de Estrela, Cane di Castro Laboreiro, Rafeiro do Alentejo, Fila de Sao Miguel, Terranova, Landseer, American Staffordshire Terrier, American Pit Bull Terrier, American Bulldog, Boston Terrier, Perro de Toro Messicano, Fila Brasileiro (molosso-braccoide), Dogo Argentino, Perro Cimarron, ecc.

23) Excursus storico-attitudinale sulle razze molossoidi italiane: oltre al Mastino Napoletano e al Cane Corso, Branchiero Siciliano, Pastore Siciliano (Cane ‘e Mannera), Spino degli Iblei, Vucciriscu, Pastore Calabrese, Mastino Abruzzese, Cane Fonnese, Dogo Sardesco, Cane Gavoese, Vertreddu Sardo (molosso-braccoide).

24) La suddivisione di queste razze dal punto di vista più strettamente scientifico sotto l’aspetto morfologico-funzionale dovrebbe vedere: molossi (quelli veri e propri, cioè Mastino Napoletano, Dogue de Bordeaux, Bulldog, ecc.), prevalentemente adibiti alla guardia; molossoidi (razze simili ai molossi veri e propri, cioè Shar Pei, Alano Tedesco, Rottweiler, ecc.), adibiti a varie mansioni; mastini (razze molossoidi a pelo più o meno lungo, cioè Mastino Spagnolo, Pastore del Caucaso, ecc.), ossia i cani da custodia del gregge; mastinoidi (razze simili ai mastini da custodia del gregge, cioè San Bernardo, Leonberger, ecc.), adibiti a varie altre mansioni.

* I presenti appunti sono stati richiesti in formato elettronico dagli studenti universitari che hanno seguito la lezione in aula.

 

 

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